La legge, nel fissare i minimi retributivi per i vari livelli di inquadramento dei lavoratori, individua anche differenti criteri di pagamento degli emolumenti in funzione della convivenza o meno del lavoratore. In particolare un lavoratore convivente sembrerebbe poter essere pagato solo con paga mensilizzata; mentre un lavoratore non convivente sembrerebbe poter essere pagato solo con un calcolo orario delle presenze.
A prima vista si potrebbe pensare che l’argomento sia puramente accademico, ma, a ben guardare, gli eventuali risvolti possono avere importanti rilievi economici.
Vediamo le differenze tra le due modalità di pagamento:
Come si può facilmente comprendere al variare del tipo di pagamento possono variare anche in maniera significativa alcuni elementi della busta paga. E bisogna anche dire che il grande afflusso di collaboratori domestici da paesi esteri ha reso sempre più complessa la gestione delle situazioni più svariate che si possono incontrare.
A seguito delle più recenti normative relative all’ingresso di extracomunitari nel nostro paese è sempre più facile trovare lavoratori che convivono in case dove svolgono solo poche ore di lavoro, sviluppando poi gran parte della loro attività produttiva al di fuori di quella famiglia. Ci si domanda se in tutti questi casi sia giusto o meno attenersi ad una norma che appare iniqua e fuorviante: perché non dovrei poter inquadrare un lavoratore convivente (perché cena e dorme da me) in paga oraria se presso di me svolge un lavoro di 2 ore per 4 giorni a settimana?
Il nostro software, di default, prevede una gestione guidata della modalità di pagamento in funzione della convivenza o meno; è però possibile svincolare tale controllo e liberalizzare completamente tutte le combinazioni tra modalità di pagamento e convivenza.